Quando l’agire sociale diventa circolare

Oggigiorno siamo chiamati a mettere al centro aspetti quali la salvaguardia dell’ambiente e il ripensamento delle risorse, nel tentativo di superare il concetto della cosiddetta economia lineare a favore di un’economia circolare. Ma accanto a tali modelli si inserisce anche l’economia sociale, la componente dell’economia mossa principalmente da interessi collettivi, obiettivi sociali e ambientali. Un modello che permette di conciliare quindi la circolarità con nuove opportunità di lavoro e di inclusione. Alla luce di questa spinta verso modelli innovativi, quali sono i traguardi raggiunti in termini di occupazione delle attività di economia circolare in Italia e in Europa? Ne parliamo in questo nostro ultimo articolo!

Un nuovo modello economico sostenibile, equo e competitivo

Nel marzo 2020, la Commissione Europea ha presentato un nuovo piano d’azione, Circular Economy Action Plan, per accelerare il processo di sviluppo dell’economia circolare nell’Unione Europea. Un piano strategico volto a ridurre l’impronta del consumo e a raddoppiare il tasso di riutilizzo dei materiali.
L’obiettivo di questo processo di transizione non si “limita” solamente alla tutela degli aspetti di sostenibilità e salvaguardia ambientale, ma ha come prospettiva più ampia quella di proporre un nuovo paradigma economico. In questo scenario, è possibile sviluppare opportunità di innovazione e collaborazione tra filiere diverse, creando così ulteriori posti di lavoro, fonti di profitto e competenze.
Tuttavia, calcolare il reale impatto in termini occupazionali dell’economia circolare non è semplice. Infatti, l’ostacolo principale è la definizione dei confini delle attività economiche che ricadono in questo ambito. Eurostat propone una soluzione facendo rientrare le attività di riciclo, riparazione e riutilizzo nella categoria più ampia di economia circolare.

Pensare globale, agire locale

Sulla base di questa definizione, quali sono i Paesi più virtuosi nelle attività di economia circolare? Secondo i dati raccolti dal 4° Rapporto sull’economia circolare in Italia a cura di Circular Economy Network, nel periodo tra il 2011 (primo anno disponibile) e il 2018 l’UE27 ha visto crescere l’occupazione in alcune attività dell’economia circolare del 7%. L’Italia si presenta come un’eccellenza europea in questo percorso di crescita. Se si analizza il dato in percentuale rispetto al totale degli occupati, il nostro Paese ottiene dei risultati molto incoraggianti, risultando infatti sopra la media europea percentuale.
L’agire europeo dell’Italia è sostenuto fortemente dalle best practice a livello regionale. Sulla base dei dati raccolti dall’Atlante Italiano dell’Economia Circolare, già nel 2017 il 21% delle realtà circolari risiedeva proprio in Lombardia, seguita da Lazio (15%), Toscana (12%), Emilia Romagna (7%) e Veneto (7%). Dati più recenti, come quelli raccolti nel nuovo lavoro di mappatura, realizzato da Symbola ed Enel, mostrano come la Lombardia mantiene il primato per numero di realtà che operano nell’ambito dell’economia circolare, seguita da Emilia Romagna, Toscana e Veneto. 

L’impresa sociale agente del cambiamento

La presenza sul territorio di imprese sociali, guidate da un approccio in cui bisogni economici, sociali e ambientali si equilibrano, costituisce un’importante spinta dal basso verso nuovi processi di sviluppo. Tra i punti di forza dell’agire sociale vi è infatti la capacità di ascolto delle comunità di riferimento e di risposta alle esigenze, configurandosi con il ruolo di community developer. Nelle infinite possibilità che l’economia circolare offre, le imprese sociali possono allora attivare processi di rigenerazione delle risorse territoriali e indurre innovazioni nelle politiche, ma anche creare sinergie e contaminazioni, estendendo lo sguardo più in là, verso i mondi for-profit. Un’economia del ritorno, fatta di solidarietà e riciclo.